L’insurrezione del 1943 a Torino

Le agitazioni operaie si diffusero da Torino, vero epicentro della protesta operaia, a partire dal 5 marzo, nelle altre città del Piemonte (Asti, Cuneo, Alessandria, Vercelli) e alla fine di marzo le agitazioni coinvolsero anche Milano e Genova, gli operai dimostrarono che era possibile opporsi al fascismo e alla guerra. scesero in sciopero e diedero avvio alla contestazione aperta contro il Regime chiedendo “pane e pace”, quindi, dissociandosi dalla guerra fascista, considerata sbagliata e ingiusta, e segnando la sconfitta di Mussolini sul fronte interno attraverso la perdita definitiva del consenso già prima della sua destituzione, un vero e proprio preludio al crollo del 25 luglio. Gli scioperanti si politicizzarono in fretta; più tardi molti di loro entrarono a far parte della resistenza armata, altri prepararono l’insurrezione del 25 aprile 45. 

La mattina del 26 luglio 1943 – una città svuotata per lo sfollamento dei due terzi dei suoi abitanti aveva appreso la sera prima la notizia della caduta del fascismo dai proclami del re e di Badoglio trasmessi dalla radio – cortei di manifestanti che inneggiano alla fine del regime e al re percorsero il centro della città: alla stazione di Porta Nuova, dove affluiscono i lavoratori residenti o sfollati in provincia, militanti comunisti usciti alla clandestinità, Remo Scappini, Luigi Capriolo, Giovanni Guaita, improvvisarono un comizio e diressero folti gruppi di manifestanti alle carceri per reclamare la liberazione dei detenuti politici. Con un autocarro venne sfondato il portone, la folla invase il cortile interno e circa cinquecento “politici” detenuti nel terzo braccio vennero liberati; un reparto armato dell’esercito, sopraggiunto dalla vicina caserma Cavalli, non intervenne e l’ufficiale che lo comandava venne portato in trionfo. Il corteo si riformò con i liberati e raggiunse nuovamente il centro della città.

 

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Sono un curioso del XX secolo
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